Dopo sei anni di contenzioso e due soccombenze in primo e secondo grado di giudizio, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal contribuente – con il patrocinio di Prospettiva Diritto – in materia di redditi da partecipazione in società di capitali, per un valore di euro 360.000,00.
Il contribuente, ex-socio di una s.r.l. dichiarata fallita, aveva ricevuto un avviso di accertamento per il recupero dell’IRPEF relativa agli utili derivanti dalla partecipazione sociale.
L’avviso in questione conseguiva ad un precedente accertamento effettuato nei confronti della società fallita – e notificato solo a quest’ultima presso il Curatore Fallimentare – con il quale veniva contestato un maggior reddito d’impresa.
Nell’ambito del contenzioso originato dall’accertamento nei confronti del socio, la Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza e la Commissione Regionale del Veneto avevano rigettato il ricorso del contribuente sull’assunto secondo cui l’esistenza di un accertamento definitivo nei confronti della società non poteva essere ignorato, né il suo contenuto poteva essere rimesso in discussione, con conseguente impossibilità per il socio di contestare il fondamento della pretesa dell’Erario (e ciò a prescindere dal fatto che il contribuente non avesse partecipato all’accertamento nei confronti della società).
Secondo la Cassazione, invece, il ricorso è meritevole di accoglimento in applicazione del principio secondo cui l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società – e non notificato al socio – non è opponibile a quest’ultimo, che potrà quindi contestare tutti gli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, senza alcuna limitazione, non essendo a lui opponibili gli esiti di un processo al quale non ha preso parte.
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