Abiti in un condominio e vorresti che la tua privacy fosse tutelata? Quello che la Corte di Cassazione ha stabilito recentemente in materia, lo trovi in questo articolo.
Privacy e condominio: gli spazi condominiali non possono essere usati per comunicazioni al singolo condomino. L’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione sulle posizioni di debito del singolo condomino è un’indebita diffusione di dati personali. La disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, infatti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all’accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino. Ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, costituisce un “dato personale” qualunque informazione relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, che siano identificati o identificabili, anche indirettamente mediante riferimento a qualsiasi altra informazione. Ne consegue che – fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui agli obblighi condominiali – l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un’indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilità civile ai sensi degli articoli 11 e 15 del citato codice.
Questo il principio espresso dalla I sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza del 7 ottobre 2022 n. 29323 (conformemente a quanto già stabilito con la sentenza del 14 gennaio 2011 n. 186). Se deve infatti reputarsi legittimo far conoscere ai condomini la situazione debitoria o creditoria di taluno, nell’ottica del recupero dei crediti cui è tenuto l’amministratore nella gestione del condominio, le modalità di diffusione prescelte non possono considerarsi lecite nella misura in cui la finalità predetta è realizzabile efficacemente attraverso mezzi meno aggressivi (Cass. 23 gennaio 2013 n. 1593).
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